Innovazione è una delle parole chiave per le nostre economie. L’introduzione di innovazioni interessa principalmente le imprese, per le quali la capacità innovativa è diventata una delle principali leve per la competitività. L’innovazione riguarda però sempre più anche la pubblica amministrazione e i singoli cittadini. Pensiamo al tema delle smart city (cioè delle città intelligenti) sul quale è intervenuto lunedì scorso su questo giornale il collega Michele Germani.
Una smart city è una città nella quale i servizi ai cittadini e alle imprese sono resi più efficaci, efficienti e sostenibili soprattutto grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali: dai trasporti ai servizi idrici, allo smaltimento dei rifiuti, alla gestione degli spazi pubblici, ecc. La possibilità di realizzare smart city dipende non solo dalla capacità delle imprese di offrire nuove soluzioni tecnologiche, ma anche dalla capacità delle pubbliche amministrazioni di acquisire e implementare queste soluzioni e dalla capacità dei cittadini di utilizzarle in modo efficace. È evidente che l’innovazione è sempre più associata agli sviluppi delle nuove tecnologie, prima fra tutte quelle digitali; ma è anche evidente che la tecnologia da sola non è sufficiente.
Nelle imprese l’introduzione di innovazioni, di prodotto o di processo, richiedono di cambiare anche i modelli organizzativi e di business. Lo stesso avviene per la pubblica amministrazione e per i cittadini. Non si tratta solo di acquistare la nuova soluzione tecnologica ma di modificare i propri comportamenti per poterla utilizzare in modo efficace. A partire dalla necessità di aggiornare le proprie competenze. In questo momento i principali ostacoli all’introduzione di innovazione non sono dovuti al costo o alla disponibilità della tecnologia ma alla resistenza al cambiamento da parte delle organizzazioni e delle persone. In alcuni casi si determinano situazioni paradossali: la soluzione tecnologica è disponibile e poco costosa ma non si riesce ad implementarla poiché mancano le competenze necessarie o la disponibilità delle persone a modificare i propri comportamenti. Pensiamo ad esempio al trasporto urbano; le soluzioni tecnologiche disponibili consentono facilmente all’utente dotato di uno smartphone di tracciare i mezzi per conoscere i tempi di attesa o pagare i biglietti.
Di fatto continuiamo con i sistemi tradizionali per le resistenze ad implementare queste soluzioni.
Nel panorama europeo l’Italia nel suo complesso è un innovatore ‘moderato’, con un valore dell’indice di poco inferiore alla media Ue. Non diversamente dalla media italiana, anche le Marche si classificano come regione ‘moderata’ nella capacità innovativa, con un indice che è inferiore alla media europea e in linea con la media nazionale. Il posizionamento in termini di capacità innovativa della regione non è particolarmente brillante ma dall’ultima edizione del Regional Innovation Scoreboard (con dati relativi al 2022) emerge che le Marche sono state la prima regione in Italia e fra le prime in Europa per la variazione dell’indicatore fra il 2016 e il 2022. È un ulteriore segnale del ritrovato dinamismo che il sistema produttivo regionale sta mostrando negli ultimi anni.
*Docente di Economia
all’Università Politecnica
delle Marche
e coordinatore
della Fondazione Merloni