Non chiedetegli in anticipo la scaletta, non la dirà, semmai lo farà alla fine del concerto. Antonello Salis è un musicista originale, «è la musica» si legge nelle note di presentazione. Il pianista e fisarmonicista sarà al teatro di Monte San Martino domenica 28 aprile, alle ore 18, nell’ambito di Riverberi di Risorgimarche.
Antonello Salis, lei è la musica, ma la musica per lei cos’è?
«La musica è una cosa meravigliosa, la benzina della mia vita. Certo c’è pure altro, soprattutto, ma la musica aiuta tantissimo, dà entusiasmo e lo trasmette anche ad altri aspetti della vita. La musica è fantastica. A 74 anni, dopo tutta la mia vita, pur con tanti musicisti talentuosi in giro, io ancora non perdo la passione. Non sto qui a fare il senatore, ho tanto da imparare ancora. E i concerti non li programmo».
Intende dire che si esibisce senza scaletta?
«Sì da sempre e soprattutto da solo, quando sono con altri una base ci deve essere. Vengono fuori, così, concerti diversi l’uno dall’altro; anzi, ogni concerto finisce per essere una sorpresa pure per me».
Quindi se le chiedessero cosa esegue a Monte San Martino?
«Ve lo dico dopo il concerto. Voglio sorprendermi anche io, altrimenti rimane scontata l’esecuzione, sapere tutto a memoria, con una scaletta fissata, non è una garanzia sa? In quei casi bisogna essere perfetti, ma può succedere di tutto per impedirlo».
Composizione, improvvisazione, esecuzione, che lei fa tutte: cosa contribuisce di più a rendere eccellente un musicista?
«Io sono un improvvisatore, mescolo cose che non esistono con materiale che invece c’è. Mischio tutto da quel punto di vista e non mi faccio alcun tipo di problema».
Lei, infatti, ha un repertorio davvero misto. Cosa preferisce?
«Mi piace tutto, dall’africano al contemporaneo, ovviamente il jazz che è come un grande padre che raccoglie tanti piccoli figli.
Per rispettare la musica?
«Sì, va rispettata, ed è questo che intendo quando dico che nel farla ci vogliono sentimento e partecipazione».
Oggi come la vede?
«Credo che tutto dipenda da chi la segue, dai gusti, dai luoghi dove si fa. Della musica da consumo non parlo, il mondo per fortuna è grande e si può andare oltre. Quello che posso dire è che occorre avere la curiosità di conoscere e una predisposizione mentale per andare a ricercare cose sconosciute, e se per caso non si conosce, bisognerebbe fare un passo indietro. Della trap non dico proprio nulla».
E del pop?
«Oggi è diventato di nicchia in un mondo di tante cose commerciali. Ma oggi in giro c’è pure dell’ottimo pop».
Lei ha lavorato, quando non è in solo, con tanti musicisti e artisti.
«Sì, io musicalmente sono cresciuto a pane e rock e pop. Ma robe intelligenti, ovviamente e, come dicevo, ce ne sono. Bisogna però scovare giovani bravi, mentre l’industria sembra imboccare la strada del volere cose uguali. A me non interessa “i più”, non mi piace il baraccone tutto uguale a se stesso».
Ha avuto anche lei un modello a cui si è ispirato agli inizi?
«Sì, come tutti, del resto, è inevitabile. Tutti siamo riusciti a imparare dagli altri. Si prova e poi si compone. Ma zero plagio, ovviamente».