Lotta scientifica alla sindrome di Bar
Ricercatrice fanese attiva studio mondiale

Da sinistra Seri, Cecchetelli, De Marini, Biagiotti e Magnani
Da sinistra Seri, Cecchetelli, De Marini, Biagiotti e Magnani
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Lunedì 23 Marzo 2015, 13:57 - Ultimo aggiornamento: 14:41
FANO - Una ricerca finanziata con 2.000 euro produce un investimento mondiale di 26 milioni.

E' uno dei risultati più lusinghieri del corso universitario di biotecnologie attivato quasi dieci anni fa a Fano. Si tratta degli sviluppi dello studio condotto dalla giovane ricercatrice fanese Sara Biagiotti, la quale grazie a una borsa di studio di soli 2.000 euro è riuscita ad attirare l'attenzione del mondo scientifico internazionale, attivando un investimento di 26 milioni di euro.



Lo ha evidenziato il professor Mauro Magnani, direttore del corso di laurea di biotecnologie dell'università di Urbino, all'inaugurazione della nuova sede della associazione Davide De Marini, che lotta contro la malattia genetica nota come Atassia Telangiectasia o sindrome di Louis Bar. Lo stimolo ad attivarsi è giunto proprio da Alfredo De Marini, padre di Davide, colpito dalla malattia e in seguito deceduto, e dalla Fondazione Carifano, che hanno spinto l'università a dedicarsi alla ricerca in questo campo.



Nel progetto è stata coinvolta una delle aziende nate come spin off dell'università, l'Eridel, insieme alle altre associazioni che in regioni diverse si occupano della malattia. Una prima fase di studio clinico è stata sviluppata sotto l'egida del ministero della Salute in due centri italiani: il Policlinico Umberto I di Roma, che si è occupava di tutti i pazienti del Centro Sud Italia, e l'ospedale di Brescia, a cui facevano riferimento gli ammalati del Nord.



La sperimentazione ha coinvolto 22 pazienti, per una durata di 6 mesi, con la produzione di risultati molto buoni. Ma già nel corso di un precedente incontro a Napoli con medici ricercatori l'ipotesi di trattamento elaborata dalla ricercatrice fanese era stata definita l'unico aspetto innovativo per cui valesse la pena insistere. In seguito il trattamento sui 22 pazienti è continuato su base volontaria dietro approvazione del comitato etico.



Oggi sono trascorsi due anni e il farmaco, pur non essendo ancora registrato, continua a essere somministrato sotto forma di trattamento compassionevole. I miglioramenti sono evidenti.



In seguito Eridel s'è data da fare per ricercare investitori importanti ed è iniziata così una seconda fase che dovrebbe portare al successo definitivo: non ovviamente alla scomparsa della malattia ma a una cura di carattere neurologico che dovrebbe agire sugli effetti. Lo studio è diventato così internazionale e ora coinvolge 20 centri di cura nel mondo: 2 in Sud America, 4 negli Stati Uniti, 9 in Europa, 1 in Giappone, Australia, Israele, India e Marocco.



Lo studio costerà oltre 26 milioni di euro e durerà 2 anni. Il trattamento riguarderà 180 ragazzi, di cui una parte riceverà il farmaco e una parte avrà solo un placebo, senza che i medici abilitati poi a verificare i risultati sappiano chi ha ricevuto l'uno o l'altro. Alla fine si valuteranno differenze e risultati. Ci sono buone speranze perché la scoperta che è partita da Fano produca un risultato positivo per dare una speranza a tanti ragazzi, in Italia sono un centinaio, colpiti dalla malattia.
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