Antibiotici, vita e morte: ne abbiamo usati troppi

Antibiotici, vita e morte: ne abbiamo usati troppi

di Stefania Gorbi
4 Minuti di Lettura
Giovedì 28 Marzo 2024, 04:45

La scoperta degli antibiotici e il loro successivo utilizzo in terapia umana a partire dalla metà del ‘900 rappresentano tra i più importanti passi in avanti della medicina. Grazie agli antibiotici infatti tante infezioni batteriche, prima mortali, sono diventate curabili. Tuttavia, da quando sono stati scoperti ad oggi, abbiamo usato così tanto gli antibiotici, spesso in modo inappropriato, che ormai residui di antibiotici si rilevano in tutti gli ambienti naturali. In risposta alla presenza di antibiotici nell’ambiente, i batteri sono indotti a adattarsi e a sviluppare meccanismi di resistenza che possono essere trasmessi anche da una specie batterica all’altra, portando così alla diffusione globale della cosiddetta Antibiotico-Resistenza o Amr (dall’inglese AntiMicrobial Resistence).

Di che cosa si tratta e perché ci preoccupa tanto? La Amr è la capacità di un batterio di resistere ad un farmaco, capacità che si sviluppa grazie a modifiche del proprio patrimonio genetico che consentono al batterio di adattarsi e sopravvivere. Il risultato di questo processo è il continuo emergere di ceppi batterici non sensibili alle terapie disponibili e il diffondersi di batteri patogeni multi-resistenti, cioè resistenti a diversi tipi di antibiotici, contro i quali a breve non avremo più terapie efficaci.

Il problema è sempre più grave, tanto che l’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha incluso la Amr tra le problematiche di «preoccupazione emergente», insieme al cambiamento climatico e al rischio di diffusione di nuove pandemie. Si stima che ad oggi la resistenza antimicrobica sia responsabile della morte di quasi 1,3 milioni di persone all'anno, in tutto il mondo; la gravità del problema nel nostro Paese è particolarmente rilevante, dato che proprio in Italia nel 2020 si è verificato un terzo di tutti i decessi correlati all’antibiotico-resistenza, registrati su scala europea (circa 10.000 morti).

Malgrado negli ultimi anni siano state investite risorse ed energie per contrastare questo fenomeno, la comparsa di resistenze agli antibiotici è al momento di gran lunga più veloce rispetto alla capacità di sviluppare nuove molecole farmaceutiche. Si tratta di una problematica ormai nota ai ricercatori microbiologi, come sottolineato dalla Prof.ssa Carla Vignaroli che all'Università Politecnica delle Marche ha coordinato un progetto di ricerca su questo tema, finanziato dalla Fondazione Cariverona; gli studi hanno permesso ad esempio di identificare, in campioni di vongole raccolte lungo la costa marchigiana, la presenza di batteri resistenti ai Carbapenemi, antibiotici ultima-risorsa, utilizzati in ambito ospedaliero contro quei batteri che non rispondono più alle terapie antibiotiche standard.

Questo a dimostrazione di come alcuni antibiotici, benché utilizzati solo in ambito nosocomiale, e batteri, di origine clinica, non solo raggiungano l’ambiente naturale contaminandolo, ma possano rappresentare un rischio per la salute umana.

Se i programmi di sorveglianza delle antibiotico-resistenze, la prevenzione e l’uso più oculato e consapevole degli antibiotici sono fondamentali per arginare il problema, è altrettanto necessario sviluppare nuove molecole per trattare le infezioni da batteri multi-resistenti ma anche adottare nuove strategie come il “drug-repurposing” che consiste nel valutare l’attività antibiotica di farmaci, già in uso per il trattamento di altre patologie e approvati dagli enti regolatori (Fda e Ema), accelerando i tempi di introduzione nella pratica clinica, essendo farmaci già utilizzati in medicina umana che non necessitano ulteriori costi per attivare nuove sperimentazioni. Un'altra strategia è anche quella di utilizzare i cosiddetti “coadiuvanti” che in combinazione con gli antibiotici ne aumentano l’efficacia.

Questi obiettivi sono proprio quelli che l’Italia si è posta con il Piano nazionale di contrasto all’antibiotico-resistenza 2022-2025, istituito a fine 2022 dal Ministero della Salute. Tale piano dovrà fornire al Paese le indicazioni operative per affrontare l’emergenza dell’antibiotico-resistenza, seguendo un approccio “One Health”, cioè attraverso programmi, politiche e normative che tutelino la salute umana, ma senza tralasciare il benessere animale e la protezione ambientale.

Per preservare l’efficacia degli antibiotici e tutelare la salute delle persone, degli animali e l’ambiente, è fondamentale che non solo gli operatori sanitari ma anche i cittadini prendano coscienza della portata di questo fenomeno. È infatti grazie anche alla responsabilità di ognuno di noi, nell’assumere antibiotici seguendo scrupolosamente le indicazioni del medico e solo se veramente necessario, che è possibile contrastare la diffusione della resistenza agli antibiotici.

 * Referente progetto Univpm Sostenibile  Docente Dipartimento   di Scienze della Vita e dell’Ambiente

© RIPRODUZIONE RISERVATA