MACERATA «Tutte le allerte per valanga sono state ignorate. Con questa sentenza muore la prevenzione in Italia: che la facciamo a fare?». È il duro commento alla sentenza di ieri di Egidio Bonifazi, padre di Emanuele, 31enne di Pioraco addetto alla reception dell'Hotel Rigopiano, morto tra le macerie. «Ho provato molta confusione. Non hanno reso giustizia. Sono molto amareggiato perché non sono stati puniti i maggiori responsabili».
Maggiori responsabili che individua la moglie Paola Ferretti: «C’è stato un piccolo passo in avanti con il coinvolgimento della Prefettura, ma resta fuori da ogni responsabilità la Regione per il discorso della carta di localizzazione del pericolo valanghe, mai redatta nonostante sia prevista dalla legge da 25 anni. Aspetteremo di leggere le motivazioni della sentenza, che verrà pubblicata il 10 maggio, per capire i ragionamenti giuridici che hanno portato alla sentenza. Dopo quella di primo grado non ci aspettavamo certo che venissero tutti condannati, ma si poteva fare di più per andare verso la verità. Quasi sicuramente ci sarà un ricorso in Cassazione, con un timore: la prescrizione».
Il comitato
«Un piccolissimo passo in avanti verso la giustizia. Ma la verità che è stata raggiunta anche stavolta non è sufficiente per noi – dice Gianluca Tanda, presidente del comitato vittime di Rigopiano e fratello di Marco, il ragazzo di Castelraimondo che fu tra i 29 morti nella tragedia di sette anni fa - ci aspettavamo tutt’altra sentenza, ci aspettavamo condanne esemplari.
La speranza
«Abbiamo l’umore a pezzi ma vogliamo sperare fino alla fine ed essere ottimisti», così, invece, aveva esordito Loredana Lazzari, madre del poliziotto residente a Osimo Dino Di Michelangelo, nell’attesa per la sentenza. Alessandro Di Michelangelo, il fratello di Dino, aveva invece voluto sottolineare «il lavoro straordinario della Procura. Qualsiasi sia la sentenza abbiamo la consapevolezza di aver fatto tutto quello che si poteva fare».