Alzheimer, un gene riduce fino al 70% il rischio di sviluppare il morbo. Effetti positivi anche da un farmaco per l'Hiv

Secondo gli scienziati che hanno condotto lo studio, «è stata identificata per la prima volta una associazione benefica tra un medicinale per l'Hiv e un ridotto numero di diagnosi del morbo di Alzheimer»

Alzheimer, un gene riduce fino al 70% il rischio di sviluppare il morbo. Effetti positivi anche da un farmaco per l'Hiv
Alzheimer, un gene riduce fino al 70% il rischio di sviluppare il morbo. Effetti positivi anche da un farmaco per l'Hiv
di Redazione Web
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Venerdì 19 Aprile 2024, 20:16

Potrebbero esserci buone notizie per quanto riguarda la lotta al morbo di Alzheimer. In particolare sulla sua prevenzione. Il farmaco su cui sono state riposte le speranze non era mirato a contrastare la patologia neurodegenerativa, ma è stato usato per anni contro il virus dell'Hiv. Inoltre è stato scoperta la variante di un gene che produce fibronectina, un componente della barriera emato-encefalica, in grado di ridurre fino al 70% il rischio di sviluppare il morbo. 

Il farmaco

Nel corso di uno studio è stata osservata una minore incidenza dell'Alzheimer sui pazienti sieropositivi che assumevano un prodotto che blocca l'attività di un enzima della "trascrittasi inversa" (necessario per combattere l'insediarsi del virus dell'Hiv nell'organismo).

I numeri: la ricerca ha studiato circa 80.000 sieropositivi dai 60 anni in su. Di questi, più di 40.000 avevano preso per almeno 3 anni il farmaco che bloccava l'enzima della "trascrittasi inversa". L'incidenza del morbo è risultata pari a 2,46 diagnosi per ogni 1.000 sieropositivi che avevano assunto il farmaco, contro i 6,15 casi diagnosticati ogni 1.000 persone non trattate col farmaco contro l'Aids.

Dati «rozzi» ma incoraggianti

Secondo gli scienziati del Sanford Burnham Prebys Medical Institute di San Diego che hanno condotto lo studio, «è stata identificata per la prima volta una associazione benefica tra l'uso di un medicinale comune per i portatori del virus Hiv e un ridotto numero di diagnosi del morbo di Alzheimer». Sono «dati in qualche modo rozzi», ha rivelato l'autore principale della ricerca, Jerold Chun, professore al centro per i disturbi genetici e l'invecchiamento allo Sanford Burnham Prebys.

Il prossimo passo, ha aggiunto, «sarà capire quali versioni degli inibitori della "trascrittasi inversa" siano attivi nel cervello dei malati di Alzheimer e quindi quali farmaci continuare a studiare o mettere a punto per verificare la possibile prevenzione del morbo», ha concluso Chun.

Il gene che riduce fino al 70% il rischio di sviluppare l'Alzheimer

Un altro studio, questa volta della Columbia University, ha coinvolto 11.000 persone e ha identificato la variante che protegge dal morbo in un gene che produce fibronectina. La fibronectina è di solito presente nella barriera emato-encefalica (che ha la funzione di proteggere il tessuto cerebrale e di regolare gli scambi con la circolazione sanguigna) in quantità molto limitate, che accresce però nelle persone affette da Alzheimer.

La variante del gene sembra possa proteggere dalla malattia, impedendo l'accumulo eccessivo di fibronectina nella barriera emato-encefalica.

Come affermato da Caghan Kizil, co-leader dello studio, «potremmo essere in grado di sviluppare nuovi tipi di terapie che imitano l'effetto protettivo del gene per prevenire o trattare la malattia».

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