Verdone super ospite alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro per presentare “Borotalco”: «Oggi non c’è più lo stupore»

Verdone super ospite alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro per presentare “Borotalco”: «Oggi non c’è più lo stupore»
Verdone super ospite alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro per presentare “Borotalco”: «Oggi non c’è più lo stupore»
di Elisabetta Marsigli
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Sabato 24 Giugno 2023, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 11:24

PESARO - Non rivede mai i suoi film, sarebbe troppo criticamente severo con se stesso, ma ieri all’ottava serata della 59esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Carlo Verdone, per la prima volta a Pesaro, ha incontrato il pubblico di piazza del Popolo e presentato uno dei suoi film cult, che lo videro davanti e dietro la macchina da presa nel 1982, “Borotalco”.

 
Che effetto fa rivedere “Borotalco” oggi?
«Non mi piace molto rivedermi, ma ho ben chiaro quello che ho combinato (sorride). Ci sono film che sono riusciti veramente molto bene e altri che potevano venire meglio, ma non credo di aver fatto mai un passo veramente falso. “C’era un cinese in coma” andò in pari: forse avevo sterzato verso una commedia troppo cinica o uscì in un momento sbagliato, ma col tempo anche quel film ha acquistato una sua importanza e Tony Servillo mi disse che gli era piaciuto tantissimo. Ora è stato ampiamente rivalutato».

I suoi personaggi sono nati da un’osservazione attenta e capace di coglierne le sfumature...
«Devo molto alla mia famiglia per questo: una famiglia unita, aperta e intelligente, dove si rideva e c’era ironia. Il loro insegnamento era di osservare la realtà: sono nato vicino Campo de’ Fiori e andare a visitare la bottega del calzolaio, del vetraio, il vecchio antiquario, che oggi non esistono più, permetteva di respirare un’aria poetica che mi ha introdotto verso lo stupore. Mettiamoci una sensibilità innata nell’ascoltarli, nello studiare i tempi dei loro racconti, i loro tic, difetti e fragilità, che mi ha fatto innamorare di tutto l’apparato umano che mi circondava, era la vera Roma».

Personaggi veri, ma anche grandi caratteristi: film impossibili da replicare oggi?
«Quel tipo di poesia non c’è più purtroppo, non c’è poesia nemmeno nella Roma di oggi.

Sono felice di essere nato nel 1950 perché era una Roma in bianco e nero: ho visto gli splendidi anni ’60, i ’70 che mi hanno formato. Erano molto avanti sia “Gallo cedrone” che “Viaggi di nozze”: hanno anticipato tutta la mitomania, la megalomania, la bipolarità di tanti personaggi, il vuoto pneumatico. Una volta costruivo i film sui personaggi, oggi la mia interpretazione è al servizio della storia. Non potrei più fare personaggi oggi, c’è omologazione. Manca lo stupore, c’è tanta tristezza, solitudine, violenza: è dura scrivere commedie. È un mondo che non mi piace».

Tornando a “Borotalco”, oltre a quello verso Dalla, l’omaggio a Leone?
«Forse, ma il grande omaggio è a Dalla prima di tutto. Poi c’è un altro omaggio: la descrizione di quella che iniziava ad essere l’atmosfera degli anni ’80, che uscivano fuori da tutti quei drammi delle stragi e si iniziava a sentire, anche nella musica, qualcosa di nuovo. C’era un momento di leggerezza che voleva copiare gli anni ’60, ma in modo più borghese. La fotografia di un periodo anche un po’ infantile dei ragazzi, un po’ sognatori, magari grandi bugiardi e megalomani, ma buoni. Ma dove si inizia anche a scoprire la forza delle donne: derivava dalla vicenda femminista e noi eravamo all’angolo di un ring a prendere cazzotti perché non riuscivamo a riconoscerle più. Una donna completamente diversa e il maschio era in declino».

Nella città della musica, sappiamo che si cimenta nel suonare la batteria: Dalla l’ha mai invitata?
«Sono un amatoriale (sorride) quando veniva a Roma mi chiamava sempre, ma lo scongiuravo di farmi suonare un pezzo facile. Ci manca tanto, era un grande poeta, semplice e generoso».

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