Coronavirus, tamponi: se ne fanno pochi ed è in arrivo il test più veloce

Coronavirus, tamponi: se ne fanno pochi ed è in arrivo il test più veloce
Coronavirus, tamponi: se ne fanno pochi ed è in arrivo il test più veloce
di Mauro Evangelisti
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Domenica 15 Marzo 2020, 01:07 - Ultimo aggiornamento: 19:18

Ieri lo ha ripetuto anche la squadra di medici arrivati da Wuhan per aiutare l'Italia nella guerra contro il coronavirus: non basta isolare e curare chi risulta malato, bisogna anche individuare i contagiati, cercarli. «Bisogna inquadrare presto i casi positivi e attuare nel modo più veloce possibile le misure di quarantena per fermare i contagi».

In Italia questo non sta avvenendo: attualmente si effettuano i tamponi solo su persone con determinati sintomi. Spesso anche sui familiari di chi è risultato positivo non si fanno i test. In generale, stanno sfuggendo alle verifiche molti asintomatici o con pochi sintomi, una strategia che è opposta ad esempio a quella che ha dato ottimi risultati in Corea del Sud, dove una campagna massiccia di test tra la popolazione è stata integrata con la tracciabilità di chi è positivo grazie ad app e smartphone. In Italia, invece, si punta solo sui malati, a un certo punto ci si è convinti che si stavano eseguendo troppi tamponi e si sono posti più paletti, ma si è sottovalutato il fatto - sostiene il professor Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di Microbiologia e virologia dell'università di Padova - che anche gli asintomatici sono portatori del contagio. Qualcosa potrebbe però cambiare nei prossimi giorni: allo Spallanzani, in collaborazione con altri istituti, stanno lavorando su un nuovo tipo di test che consente di avere il responso in una decina di minuti (oggi servono 24 ore). Se questa procedura sarà ritenuta affidabile e sarà autorizzata, cambierà anche il modo di affrontare questa battaglia. Dal settore privato, poi, vista la pressione sui laboratori pubblici, viene anche una spinta perché vi sia un maggiore coinvolgimento in questa campagna di controlli. Resta un dato: alla luce dell'alto tasso di letalità italiano, frutto non solo dell'età media elevata, ma anche dai molti positivi che non hanno mai effettuato il test, si può ipotizzare che i contagiati reali siano almeno il doppio di quelli conteggiati (c'è chi ne calcola fino a 100 mila).

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Ma andiamo per ordine: cosa dicono i numeri? Attualmente in Italia sono stati effettuati 109.170 test. Si dirà: sono molti. Però il 60 per cento sono stati eseguiti in sole due regioni. 37mila in Lombardia, che d'altra parte è il territorio in maggiore affanno. E quasi 27mila nel Veneto, l'unica regione italiana che ha scelto il ricorso massiccio ai test, ad esempio a Vo' Euganeo, per fermare la formazione di nuovi focolai. I risultati sono stati buoni: anche se ieri il numero dei contagiati è tornato a crescere, il Veneto comunque ha limitato i danni. Racconta il professor Crisanti: «Fare i test solo ai sintomatici è profondamente sbagliato. Siamo pieni di asintomatici, in Italia, che trasmettono il coronavirus. Non c'è dubbio che avvenga, altrimenti non si spiegherebbe come mai abbiamo trovato otto positivi a Vo' Euganeo. Le epidemie si controllano con il contenimento, ma anche con la sorveglianza attiva. Quando ho un positivo, faccio il tampone a tutta la cerchia di amici, a tutta l'area geografica. Come è stato fatto in Corea del Sud. Sia chiaro, non voglio fare polemiche, lancio solo un invito a riconsiderare la strategia sulla base dei nostri risultati». L'Organizzazione mondiale della Sanità proprio ieri ha ribadito: «Serve tutto: non solo i test, non solo la tracciabilità dei positivi, non solo la quarantena, non solo fare rispettare le distanze. Servono tutte queste cose insieme. Trova, isola, fai i test, cura per spezzare la catena della trasmissione».

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C'è inoltre il tema del possibile coinvolgimento dei privati; ad esempio in Spagna i test si possono eseguire anche in laboratori non pubblici. Spiega Fernando Patrizi della Bios, gruppo romano di laboratori analisi: «Si auspica che in Italia si possano fare i test anche nei laboratori privati al più presto. Ci sono riferimenti su questa opportunità nei Dpcm del governo e anche nei provvedimenti regionali. Ma è tutto fermo. Noi saremmo pronti, così come i laboratori di altre regioni. Potremmo partire da qui a brevissimo, dando il nostro contributo. Ognuno di noi ha qualche conoscente a casa con il terrore di essere stato contagiato, ma non può eseguire i test. Sono esami che costano poco, sotto i cento euro. In un momento come questo sarebbe utile, con determinate regole, anche il contributo dei privati».
 

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