Fu quando aveva appena due mesi che le ruote della carrozzina che lo accoglieva toccarono il suolo di Pesaro, la città che porta nel cuore perché è quella del suo primo bacio, del suo primo rapporto sessuale (un po’ di anni dopo), della prima volta in discoteca e della prima grande vittoria ad un torneo di tennis. Tutte cose da prendere con filosofia, visto che parliamo di Paolo Ercolani, uno dei più vivaci “pensatori” del contemporaneo, nato a Roma nel 1972, ma da considerare quasi un “oriundo” pesarese.
«I bagni 34, ovvero Bagni Gino, erano il mio luogo di vacanza fin da quando ero piccolissimo», racconta Paolo: «Fu proprio lì che i miei piedini toccarono il mare per la prima volta. Ma la cosa interessante è che al mare venivano anche Massimo Ambrosini, con cui ancora ci sentiamo, ed Eluana Englaro. È curioso che in un piccolo pezzo di spiaggia, tra l’Hotel Spiaggia e il Majestic, andassero al mare tre bambini che poi, chi per cose tristi come per Eluana e chi per cose molto più belle come per Massimo, sarebbero saliti agli onori della cronaca. Quasi nessuno di quei bambini era di Pesaro, ma siamo rimasti tutti molto legati».
Il luogo del cuore
Quella spiaggia è il primo luogo del cuore di Paolo: «Quando ho un attimo libero vado lì a passeggiare. Lì ritrovo quella “sana” malinconia, quando ti sembra di andare nel luogo di una festa che è già finita, anche se, come diceva Pavese, non si dovrebbe mai tornare nei luoghi dove sei stato felice, per non farsi assalire dalla nostalgia». Paolo ha frequentato Pesaro fino ai 25 anni, ci ha vissuto per 3 anni (tra il ‘90 e il ‘93) per poi trasferirsi a Cagli, dove è nata la sua mamma, per una decina d’anni, mentre ora vive a Rimini. Da bambino era molto introverso: «La mia infanzia era stata turbata dal divorzio dei miei genitori a 7 anni. Questo mi portò ad essere poco socievole e competitivo: lottavo sempre con i pesaresi perché sostenevo che Roma era più bella di Pesaro. In realtà amavo già questa città, ma non volevo ammetterlo».
La competitività l’ha poi sfogata nel tennis: «Vinsi per tre volte il Million Dollar a Pesaro e mi feci tanti amici. In pratica ho più amici a Pesaro che a Roma». Ma Pesaro è davvero il luogo di molte “prime volte” di Paolo: «Avevo otto anni: il mio zio pesarese, Carlo Ercolani, era, fra le altre cose, ispettore delle colonie.
La musica non era al centro della sua vita da ragazzo: Beatles meglio dei Rolling Stones, ma meglio ancora Pink Floyd e Led Zeppelin: «Da ragazzo potevo sembrare autistico: le mie passioni erano il tennis e la filosofia. Quando non mi allenavo, studiavo, leggevo tantissimi. Non andavo in discoteca, se non trascinato, ero un po’ “vecchietto”, ma come sosteneva un grande filosofo, visto che non sono mai stato giovane, spero di non diventare nemmeno vecchio».
A scuola, all’inizio, andava bene solo nelle materie che gli piacevano: «Uscii dalle medie con la sufficienza, per meriti sportivi dissero, e in prima superiore (liceo classico) fui bocciato. Poi incontrai a Roma un professore, un ex gesuita coltissimo che un po’ mi incuteva timore, ma grazie a lui ci fu la svolta e riuscii ad appassionarmi. Da lì iniziò una carriera scolastica più che buona, che terminò al liceo Mamiani di Pesaro e poi all’Università (Filosofia) a Urbino, dove collezionavo tutti 30».
Tra il don e Lo Surdo
E la filosofia divenne la sua passione: «Questo fu merito di don Marco De Franceschi, professore di filosofia del Mamiani: litigavamo su tutto, ero un giovane arrabbiato e anticlericale, ma erano appassionanti dibattiti». E poi Urbino: «Il mio professore di Urbino scoprii poi che sarebbe diventato famoso in tutto il mondo: era Domenico Losurdo. Lessi un suo articolo, mi piacque molto, cercai l’università dove insegnava e mi iscrissi a Urbino: ci prendemmo subito in simpatia. Venivo col pullman da Roma e fu una scelta meravigliosa: in una piccola Università c’è un rapporto tra allievi e professori che i grossi atenei si sognano, sento ancora giovani studenti che ne esaltano queste qualità».