Tra le diverse innovazioni nell'attività del 2018, ha sottolineato Costa, c'è stato l'inizio a Padova del programma per le catene di trapianti di rene tra coppie incompatibili innescata da donatore deceduto, il primo al mondo e che ora viene copiato dagli altri paesi oltre che esteso al resto d'Italia. Da segnalare anche il consolidamento del programma di trapianti da donatori a riceventi Hiv positivi e la pubblicazione dei risultati degli studi sull'effetto dell'attività fisica sui trapiantati, basato su un database unico al mondo, che ha mostrato grandi benefici dell'esercizio sia per la qualità della vita dei trapiantati sia per la sopravvivenza stessa dell'organo. Secondo i dati presentati la previsione per quest'anno è di avere 1672 donatori, pochi meno dei 1714 del 2017 ma sempre molti di più dei 1480 del 2016. Il numero totale di trapianti da donatore cadavere saranno 3419, di cui 1842 di rene, 1212 di fegato, 227 di cuore, 140 di polmone.
Al sud ci sono meno donatori e le opposizioni, che sono stabili intorno a 30%, sono maggiori.
Fra gli esempi positivi c'è però la Sardegna, che addirittura riesce ad 'esportarè organi nelle altre regioni e che assomiglia per numeri a una regione del nord. Per quanto riguarda le liste d'attesa, che in totale hanno 8765 pazienti, il sistema ha registrato un calo dei pazienti in quelle per il rene, mentre per gli altri organi sono sostanzialmente stabili. Ad aiutare l'attività dei trapianti c'è anche la sempre maggiore adesione dei comuni alla possibilità di trasmettere le volontà. Nel 2018 sono arrivati a 5435, il doppio rispetto al 2017, e coprono l'85% della popolazione italiana.