FABRIANO Stupore, incertezza, apprensione. Ma anche volontà di reagire alla ricerca di tutte quelle strade che possano condurre a risolvere una questione che altrimenti rischia di diventare sempre più delicata. La nazionalizzazione, da parte di Vladimir Putin, dello stabilimento russo di Ariston Group di Vsevolozsk, vicino a San Pietroburgo, e dei suoi uffici commerciali, trova le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici fortemente attente al problema e, nel contempo, impegnate a capire ogni possibile risvolto.
Le conseguenze
Il trasferimento del sito e della sede commerciale a Gazprom, controllata dal governo russo, dovrebbe avere il carattere della temporaneità, ma in queste circostanze non si è mai in grado di comprendere con esattezza lo sviluppo della situazione, né le conseguenze nei diversi ambiti dell’attività industriale della multinazionale fabrianese, leader del comfort termico hi-tech e sostenibile, quotata in borsa e presieduta da Paolo Merloni.
I distinguo
Santoni osserva come la produzione di scaldacqua e caldaie a gas, ad esempio, avesse registrato delle contrazioni, «ma è chiaro che adesso non è facile capire gli scenari che potrebbero profilarsi in seguito alla decisione di Putin. Al momento, il nostro mercato di riferimento non è quello russo, ma è evidente che un po’ di ansia si sta generando». Secondo Pierpaolo Pullini, segretario provinciale della Fiom-Cgil, «il decreto firmato dal presidente russo è l’ennesima dimostrazione di come la guerra determini le scelte dei mercati e dell’economia. Nei fatti, siamo in presenza di una riorganizzazione complessiva dell’economia europea, con un forte aggravio dovuto ai costi dell’energia e delle materie prime e con una riorganizzazione su scala globale della logistica. Il tutto aggravato dalla destabilizzazione in Medio Oriente».
Il documento
La segreteria provinciale della Fiom ha elaborato un documento, in cui si afferma la necessità di fermare immediatamente tutte le guerre. «I conflitti e la corsa al riarmo dei vari Paesi – rimarca Pullini – sono decisioni scellerate che determinano un forte rischio per l’intera industria europea. Da almeno due anni, infatti, si sta assistendo alla perdita di interi asset del mercato».