Roma, arsa viva nel parco: «È stata soffocata dal fumo»

Roma, arsa viva nel parco: «È stata soffocata dal fumo»
di Marco Carta e Alessia Marani
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Domenica 22 Aprile 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 14:42
ROMA Soffocata dalle fiamme che hanno avvolto gran parte del suo corpo. A uccidere Maria Cristina Olivi, la donna trovata carbonizzata all’alba del 20 aprile nel parco delle Tre Fontane all’Eur, sono state le inalazioni del fumo, che avrebbero occluso interamente le vie respiratore facendole perdere la vita. È questa una delle prime, e per ora poche, certezze emerse ieri nel corso dell’autopsia effettuata dal medico legale Silvestro Mauriello all’ospedale di Tor Vergata. Un’analisi complicata anche per lo stato di decomposizione del cadavere, ritrovato nel parco ai piedi del viadotto di viale Ballarin: le fiamme, infatti, avevano carbonizzato buona parte del corpo della 49enne, anche se, nelle parti esaminabili, secondo una prima stima dei periti, non vi sarebbero segni di ferite o di violenza.

Rimane il mistero: come è morta Maria Cristina Olivi? Per scoprirlo proseguono senza sosta le indagini degli investigatori della Squadra Mobile coordinati dal pm Vittorio Pilla, che ha aperto un’indagine per omicidio che, tuttavia, non costituisce l’unica pista investigativa. La donna soffriva di schizofrenia. Frequentava il Centro diurno della Asl di via Giustiniano Imperatore dove, assistita da una cooperativa, era impiegata in progetti di inserimento socio-lavorativo come addetta alla lavanderia. Il suo era un male che combatteva attraverso l’assunzione di potenti psicofarmaci a base di benzodiazepine. Flaconi ne sono stati ritrovati in gran quantità nella sua abitazione di largo Leo Longanesi le cui finestre affacciano proprio sul parco. E un paio di contenitori svuotati ieri erano ancora visibili dentro una busta piena di rifiuti abbandonata a metà strada tra la sua casa e il luogo del ritrovamento. 

LE PISTE
Per questo l’ipotesi del suicidio non viene scartata. Ma tanti sono gli elementi che nelle prossime ore potranno fornire dettagli significativi. A partire dal liquido infiammabile utilizzato per bruciare il corpo della donna, che al momento non è ancora stato individuato. Possibile che Maria Cristina per il tipo di lavoro che svolgeva avesse nella disponibilità della trielina, un solvente usato per smacchiare e infiammabile? Nella lente della Scientifica ci sono i residui dei vestiti indossati dalla 49enne, in particolare dei leggins, e un panno forse imbevuto di liquido, da cui presto potranno arrivare le prime risposte. L’autopsia non è riuscita a stabilire in quanto tempo la donna sia rimasta soffocata dal fumo. Ma soprattutto a mancare sulla scena del delitto è anche la cosiddetta miccia che ha innescato l’incendio, mentre appare certo che Maria Cristina abbia preso fuoco nel luogo del ritrovamento, e che quindi non sia arrivata sul posto trascinandosi avvolta dalle fiamme: il terreno bruciato è solo quello dove giaceva il corpo.

Gli inquirenti non hanno trovato in terra accendini o altro materiale da innesco, a meno che non siano stati usati fiammiferi andati distrutti nello stesso rogo. Per capire come la donna sia finita nel parco a quell’ora della notte, e soprattutto se fosse sola, fondamentali sono le testimonianze dei suoi parenti. Del fratello, che ha riconosciuto il corpo il giorno successivo, ma soprattutto della mamma, l’ultima ad averla sentita intorno alle 21,30. Una telefonata di routine, a fine giornata, che però ora diventa indispensabile per passare al setaccio le ultime ore in vita di Maria Cristina, uscita di casa lasciando la porta socchiusa e ritrovata il mattino successivo carbonizzata nel parco da un runner. Nella casa, all’arrivo della polizia, tutto sembrava essere in ordine. Anche dalla borsa, ritrovata a poca distanza dal cadavere, non sarebbe stato sottratto alcun effetto personale, né documenti o soldi. Gli investigatori stanno controllando ogni cosa: anche gli scontrini, per verificare tutti i suoi spostamenti o i possibili incontri. Al vaglio degli inquirenti c’è anche il racconto di un clochard senegalese, il quale avrebbe detto agli agenti di polizia locale di via Ballarin di aver visto delle persone allontanarsi a piedi prima che il corpo fosse ritrovato. Una testimonianza, al momento, tutta da verificare
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