Salute, cefalea cronica malattia sociale: ora c’è la legge

Cefalea cronica malattia sociale: ora c è la legge
Cefalea cronica malattia sociale: ora c’è la legge
di Carla Massi
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Giovedì 9 Luglio 2020, 22:03 - Ultimo aggiornamento: 10 Luglio, 10:16

ROMA - C’è voluto il mal di testa per far approvare quasi all’unanimità una legge al Senato. In via definitiva è stato dato il via libera (235 sì e 2 no) al testo per il riconoscimento della cefalea come malattia sociale. Come patologia cronica. Un successo legislativo che dà visibilità a circa otto milioni di persone, soprattutto donne, costretti a sopportare, oltre il dolore, una condizione di invisibilità. Un dato per tutti: la cefalea non è inclusa nei cosiddetti livelli essenziali di assistenza. Un sospiro di sollievo per i pazienti che, d’ora in poi, potranno contare su più centri specializzati in una Regione, avere esonero per alcuni ticket, essere certi (se tutto verrà applicato come si deve) di poter seguire un percorso di diagnosi e cura ed essere protagonisti di progetti finalizzati e sperimentazioni.



IL CONO D’OMBRA - «Finalmente usciamo dal cono d’ombra - commenta Lara Merighi, coordinatrice di Alleanza cefalalgici un’associazione di pazienti - e diventiamo come tutti gli altri pazienti con malattie croniche. Una tutela sociale sanitaria che dà dignità alla nostra sofferenza. Speriamo nell’apertura di nuovi ambulatori e in una maggiore sensibilità nei confronti dei bambini. Io oggi ho 69 anni ma ho iniziato ad avere le crisi fin dall’asilo. Ho faticato per far capire che non avevo un mal di testa passeggero ma una malattia che porti sempre con te». Il testo approvato, un solo articolo, indica quali devono essere le condizioni perché una persona con cefalea possa essere definita malata cronica: a) emicrania cronica e ad alta frequenza; b) cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici;c) cefalea a grappolo cronica;d) emicrania parossistica cronica;e) cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione;f) emicrania continua. «Parliamo di una condizione molto diffusa, spesso mal diagnosticata e curata in modo appropriato - spiega la prima firmataria deputata della Lega Arianna Lazzarini - un punto di partenza e di attenzione verso chi ne soffre, con una prevalenza netta di donne nella fascia 20-50 anni». Donne particolarmente colpite in una fascia di età importante per la vita sociale e lavorativa. Aggravate, come rivela un’indagine del Censis “Vivere con l’emicrania”, da una sottovalutazione della patologia.

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LE TIPOLOGIE - Le stesse pazienti ci mettono fino a sei anni per rendersi conto che si deve chiedere aiuto e avere una diagnosi certa. Che sia la cefalea di tipo tensivo, l’emicrania, la cefalea a grappolo o la cefalea cronica. «Chi soffre di questa patologia ha una vita molto complicata, spesso non viene creduto. Deve ricorrere ad antidolorifici senza effetti nel lungo periodo, con un costo annuo calcolato in 2 mila e 600 euro a paziente. La legge permetterà un riconoscimento a livello nazionale, un passaggio obbligato per una diagnosi corretta, attraverso i centri specializzati - aggiunge Paola Boldrini capogruppo dem in commissione Sanità e firmataria di uno dei disegni di legge - Crescerà il numero delle diagnosi precoci così da iniziare per tempo le cure».

INVALIDANTE - «La cefalea primaria cronica, come patologia invalidante riconosciuta, refrattaria alla terapia, è in grado di limitare o compromettere la capacità di far fronte agli impegni di famiglia e di lavoro coinvolgendo anche tutta la filiera lavorativa», commenta il senatore del Movimento 5Stelle Raffaele Mautone, componente della Commissione Sanità. L’obiettivo della ricerca è quello di affrontare il problema come una patologia vera e propria, dunque, e non solo una serie di crisi di frequenza e durata variabile.

NUOVE TERAPIE - «Importante è che i pazienti di tutto il Paese possano avere accesso alle nuove terapie - spiega Pierangelo Geppetti presidente della Società italiana per lo studio delle cefalee - ricordiamo che stiamo parlando di una malattia che non fa morire ma fa vivere male, molto male. Con dieci o venti crisi al mese. Del mal di testa troviamo tracce fin dai tempi di Aelius Galenus, 160 dopo Cristo, ma possiamo dire che solo in tempi recenti si è avuta la consapevolezza della malattia. Ci sono state epoche in cui le donne con la cefalea venivano bollate come isteriche e non curate.

Ora, anche le terapie, ci aiutano. Parliamo di anticorpi monoclonali studiati per bloccare l’attività di una piccola proteina, Cgrp, responsabile degli attacchi».

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