Gastone Gismondi, imprenditore e politico: «Quando la mia culla era la cesta di scarpe»

Gastone Gismondi, imprenditore e politico: «Quando la mia culla era la cesta di scarpe»
Gastone Gismondi, imprenditore e politico: «Quando la mia culla era la cesta di scarpe»
di Valentina Berdozzi
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Domenica 18 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16:12

A volte la memoria può prendere per il naso. Non perché voglia ingannarci, ma perché può capitare che, attraverso gli odori che solleticano cuore, fantasia e nostalgia, la memoria sappia condurci mano nella mano in quei meandri dove i ricordi riposano tra oblio e bellezza. Un respiro a polmoni pieni e si parte, per un viaggio in cui le nostre narici fanno da navigatore e il cuore da motore. Per l'imprenditore ed ex sindaco di Montegranaro Gastone Gismondi, il profumo di ieri è una fragranza indimenticabile.

 «Se chiudo gli occhi ancora lo sento, l'odore delle pelli nel magazzino della fabbrica di mio padre - ammette -: da piccolo quei mucchi hanno fatto da base alla culla improvvisata che spesso erano le ceste delle scarpe già lavorate. La fabbrica di mio padre è stato il mio luogo dell'infanzia: tornavo da scuola e, senza neanche passare da casa, che era al piano di sopra, via a giocare tra i macchinari e gli operai nella manovia. Tra quelle quattro mura ho fatto di tutto: dormito, mangiato, studiato, giocato. Soprattutto ci sono cresciuto, con tanta voglia di fare e, negli occhi, il grande esempio di mio padre Luigi e della sua inesauribile passione per il lavoro».

La vita

Un uomo, un coacervo di dedizione e tenacia: «Ancora ricordo le sere in cui ci riunivamo tutti, io, mia madre e le mie sorelle, attorno al televisore a vedere il tg: noi con gli occhi fissi allo schermo e mio padre con le tomaie in mano che ancora lavorava. Per lui il lavoro era tutto. Però sopra a tutto il resto c'eravamo noi, la sua famiglia, e c'era lo sport. È stato mio padre a trasmettermi la passione per lo sci, per il pattinaggio, per il ciclismo e addirittura per il baseball, che ho praticato per qualche anno. Nonostante i ritmi di lavoro incalzanti, ha sempre trovato il tempo per accompagnarmi a qualche partita o a una gara. Erano momenti bellissimi, di grande attività, divertimento e, soprattutto, di grande condivisione con un padre che è stato un faro, un esempio, un punto di riferimento». sospira. La voce si tinge di una nostalgia: «Quando torno indietro a quegli anni, ripenso alle gite che organizzavamo la domenica al mare - continua Gastone - l'immagine stampata nella memoria è quella di mia madre che ci aspettava sotto l'ombrellone mentre io e mio padre sguazzavamo felici in acqua.

E, appena finito, via di corsa sotto al sole e poi a mangiare i picnic che avevamo preparato a casa prima di partire. Adoravo quei momenti, come li adorava anche mio padre, grande appassionato di mare e di quelle giornate spensierate vissute insieme. Ancora una volta, è stato lui a trasmettermi la passione per il nuoto, rinnovando a ogni bracciata la gioia di una condivisione profonda e totale».

Hanno scale tutte loro, l'amore e la gratitudine, quando misurano l'importanza che i genitori hanno avuto nella vita dei loro figli. Una presenza decisiva, di quelle che segnano con il loro esempio ma, anche, con la libertà data ai figli di crescere e camminare nel mondo con le proprie gambe. Gastone parla di fortuna: «È stato un vero privilegio diventare grandi al fianco di due genitori così - ammette -: mi hanno insegnato tanto, in primis l'amore per la famiglia. Mi hanno sempre lasciato libero di fare, conoscere, sperimentare e soprattutto sbagliare, consapevoli che solo nell'errore riposa l'insegnamento più grande.

A mio padre mi legava una complicità sconfinata, vuoi anche perché eravamo gli unici uomini in una famiglia quasi tutta in rosa, che contava mia madre e tre sorelle: ci parlavamo con uno sguardo e ci capivamo al volo. Non mi ha mai toccato neanche con un dito, perché bastava un'occhiata e l'espressione del suo volto. Tra noi le parole non erano necessarie: silenzioso e taciturno, aveva altri modi per comunicare, completandosi perfettamente con mia madre Antonietta, che invece era ben più briosa e più aperta di lui».

I volti

L'album dei ricordi si completa con un altro volto fondamentale: quello di «zio Michele, il fratello di mio padre, ciclista gregario del grande Coppi. Era il mio idolo e se oggi commercio pelli lo devo a lui, che faceva proprio questo mestiere. Con noi ragazzi, era una persona franca, di quelli che parlavano senza troppi giri di parole. In bici come nella vita, ci diceva le cose una volta soltanto e pretendeva il risultato, spronandoci a dare sempre il meglio di noi».

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