Frontale con un bus, muore in Africa padre Matteo Pettinari. Il fratello: «Al fianco dei più deboli»

Frontale con un bus, muore in Africa padre Matteo Pettinari. Il fratello: «Al fianco dei più deboli»
Frontale con un bus, muore in Africa padre Matteo Pettinari. Il fratello: «Al fianco dei più deboli»
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Sabato 20 Aprile 2024, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 11:30

ANCONA Citava l’apostolo Matteo per spiegare il mistero della vocazione, «racchiuso nel silenzio di uno sguardo che ama e di una Parola che chiama». Chi ha fede oggi si sforzerà a trovare un senso anche al tragico disegno del destino che ha strappato alla vita terrena Padre Matteo Pettinari, missionario di 42 anni originario di Chiaravalle, morto in un incidente stradale in Costa d’Avorio, dove viveva dal 2011.

Aveva nel cuore questo lembo d’Africa sfregiato dall’uomo, dalla deforestazione e dalla guerra civile, padre Matteo.

Combatteva le sacche di odio profondo del paese con la forza dell’amore: credeva nella fratellanza e nel dialogo tra religioni, lui che aveva scelto di stabilirsi a Dianra, cittadina quasi al confine con il Mali, dove la gente vive con meno di 7 dollari al giorno e i cattolici sono meno del 2%.

Lo schianto

Giovedì, attorno alle 15 locali, stava raggiungendo la città di San Pedro, sede della delegazione dei Missionari della Consolata (era entrato nell’Ordine nel 2005 ed era diventato superiore delegato in Costa d’Avorio), quando l’auto su cui viaggiava da solo si è scontrata con un bus di linea nella città di Niakara. Nel frontale, violentissimo, è morto sul colpo. La notizia ha lasciato sgomenta la Diocesi di Senigallia, dove è stato ordinato sacerdote nel 2010 e le comunità di Chiaravalle (è stato seminarista all’Abbazia di Santa Maria in Castagnola) e di Monte San Vito, dove vive la famiglia.

Lascia il padre Pietro, il fratello Marco, la sorella Francesca e 5 nipoti che lo vedevano come un supereroe, più che un missionario. In effetti, di coraggio ne aveva da vendere, Padre Matteo, più forte anche delle intimidazioni di chi, in Costa d’Avorio, non vedeva bene la sua opera missionaria, a cui si dedicava da 13 anni.

Grazie a lui e al contributo del Centro missionario diocesano di Senigallia a Dianra sono sorti una chiesa dedicata a San Giuseppe Mukasa e un centro sanitario servito da un’ambulanza acquistata con le offerte dei fedeli dall’Italia. «È stato un grande uomo che ha dedicato la sua vita alla missione - lo ricorda Stefano Pioppi, direttore del Centro missionario di Senigallia -. Credeva nell’umanità. La speranza è che la sua opera possa fecondare i nostri cuori induriti».

Il dolore della famiglia: «Morto nella terra che amava»

In via Ponte Selva a Monte San Vito il dolore invade la casa di Pietro Pettinari, il padre di Matteo. Accanto a Pietro, presidente della sezione Carabinieri in congedo di Monte San Vito, ci sono i figli Francesca e Marco, mentre la moglie Roberta è mancata 3 anni fa.

«E’ morto nella terra che amava – dice Marco, brigadiere dei carabinieri – mentre stava facendo ciò che desiderava di più: aiutare gli altri, i bambini, le persone fragili dell’ospedale, delle scuole. Faceva parte dei Missionari della Consolata e amava la Costa d’Avorio, a tal punto che aveva scelto di trascorrervi 3 anni consecutivi: sarebbe tornato per 3 mesi a casa a luglio». Matteo era stimato da tutti tanto che attualmente ricopriva l’incarico di Superiore delegato dei Missionari della Consolata in Costa d’Avorio. «Matteo mi aveva fatto gli auguri di compleanno il 12 aprile, lo avevo sentito felice e sereno - dice Marco -. Ci telefonavamo spesso. Ha dato la vita agli altri, era generoso, buono e fin da ragazzo, appena terminate le scuole medie, aveva manifestato la volontà di diventare missionario». 

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