Gamba più corta dell'altra dopo l'intervento, risarcita con 60mila euro

Gamba più corta dell'altra dopo l'intervento, risarcita con 60mila euro
Gamba più corta dell'altra dopo l'intervento, risarcita con 60mila euro
di Manlio Biancone
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Sabato 1 Agosto 2020, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 10:25

Un intervento sbagliato all’anca provoca difficoltà di deambulazione di una paziente: un errore che l’Asl 1 dovrà pagare con 60mila euro. Così, in primo grado, ha stabilito il tribunale civile dell’Aquila. La sentenza emessa dal giudice Emanuele Petronio accoglie in pieno il ricorso di una donna di Rosciolo, di circa 75 anni, che in tribunale si è vista riconoscere una invalidità permanente del 20% dopo una operazione di sostituzione di una protesi nel reparto di ortopedia di Avezzano.

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Nella sentenza tra l’altro il giudice evidenzia come. «A seguito dell’operazione, la donna presentava una dismetria tra i due arti superiore a quella comunemente tollerata in conseguenza di un intervento di artroprotesi. Nelle varie misurazioni, avvenute nel corso di diverse visite specialistiche tra il 2012 e il 2015, si è osservata una eccedenza a sinistra variabile tra 2 e 3 cm, e confermata dal CTU come sicuramente almeno pari a 2 cm. Tale dismetria alquanto elevata tra i due arti è stata ritenuta correlabile con la sintomatologia dolorosa e le difficoltà deambulatorie da cui la paziente risulta affetta. Circa le cause della dismetria, deve considerarsi che in giudizio è stata rilevato “un approccio non completamente corretto da parte del sanitario convenuto nell’intervento di artroprotesi, nel senso di un non corretto “planning” preoperatorio, seguito da misurazioni intraoperatorie, per prevenirela notevole dismetria tra i due arti inferiori che si è poi verificata».

È stato inoltre accertato che nella cartella relativa all’intervento non risulta riportato planning preoperatorio e misurazione intra operatoria.In base alle risultanze della CTU espletata nel giudizio, di conseguenza, è stato possibile affermare in base al criterio del “più probabile che non” che «la gestione del caso non sia stata completamente corretta da parte dell’operatore che effettuò l’intervento di protesizzazione dell’anca sinistra della donna. Accertata, dunque, la responsabilità del Presidio Ospedaliero, va a questo punto esaminato - continua il giudice - il profilo della quantificazione dei danni patiti dalla paziente. Sul punto, il CTU ha ragionevolmente e attendibilmente individuato i postumi permanenti riconducibili alla condotta colposa dei sanitari della Azienda convenuta nel 18-20% di invalidità».

L’avvocato Francesco Arienzo del Foro di Roma che ha patrocinato la danneggiata ha precisato: «E’ un risultato importante. Prima d’intraprendere la causa l’Azienda Sanitaria era stata messa in condizione di risarcire il danno. Era chiaro, infatti, che l’esito infausto dell’intervento di artroprotesi era stato cagionato da una condotta non corretta del personale medico, ma nulla era stato riconosciuto. Solamente grazie alla tutela ottenuta nella sede giudiziaria è stata messa in luce la responsabilità civile dell’ASL, determinata dall’inadempimento del personale medico, che il Tribunale ha riconosciuto con il criterio del ""più probabile che non"" e con condanna al risarcimento di tutti i danni subiti dalla paziente».

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