Tragedia al Giro, muore Weylandt
cade in discesa, si schianta su un muro

I soccorsi disperati a Weylandt
I soccorsi disperati a Weylandt
di Francesca Monzone
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Lunedì 9 Maggio 2011, 16:36 - Ultimo aggiornamento: 21 Giugno, 13:38
ROMA - Morte al Giro d’Italia. Il belga Wouter Weylandt, 26enne nato a Gand e in forza alla Leopard, deceduto in seguito a una caduta in un tratto in discesa.




Mentre è ancora nitido il ricordo di Fabio Casartelli morto nel '95 sulle strade del Tour, questa volta la tragedia si consuma al Giro d'Italia in una bellissima giornata di sole. La mortedi Weylandt - nel 2010, quasi esattamente un anno fa, il 10 maggio, vincitore nella terza tappa olandese del Giro - arriva a 25 chilometri dal traguardo nell'ultima parte della discesa del Passo del Bocco, vicino alla Val d'Aveto, a cavallo tra le province di Parma e Genova, il punto più alto della frazione di oggi, a 957 metri sul mare. Il belga faceva parte di un gruppetto di inseguitori e stava scendendo a velocità molto sostenuta. In una curva ha perso il controllo della bici andando a sbattere violentemente contro il guardrail. L'auto medica del Giro era dietro a lui e si è subito fermata. Immediatamente si è capita la gravità della situazione.



Al corridore è stato tagliato il cinturino del casco e
subito praticato un messaggio cardiaco. Sono stati chiamati l'ambulanza e l'elicottero del 118, che da Genova si è portato sul luogo dell'incidente trovando però difficoltà nell'atterraggio. È intervenuto anche il soccorso alpino. Impressionanti le prime immagini: il ciclista appariva con il volto insanguinato e la maglietta strappata sul petto. Weylandt è rimasto esanime sull'asfalto, i medici hanno cercato di rianimarlo. «Siamo arrivati immediatamente - ha detto il medico del Giro Giovanni Tredici - eravamo dietro al suo gruppo. Era in stato di incoscienza, con una frattura della base cranica e con il massiccio facciale compromesso. Dopo 40 minuti di massaggio cardiaco abbiamo sospeso la rianimazione, d'accordo con il 118, perchè non c'era più nulla da fare».



Gli ultimi chilometri della tappa si sono corsi in un clima surreale. «Noi siamo passati poco dopo l'incidente - racconta Gianni Savio, ds dell'Androni Giocattoli -. Abbiamo visto una scena agghiacciante».



I corridori però non sono stati informati e lo spagnolo Vicioco, vincitore della tappa, ha tagliato il traguardo felice con le braccia al cielo (David Millar è la nuova maglia rosa). La direzione del Giro ha immediatamente annullato ogni festeggiamento del dopo-tappa. Imbarazzo anche da parte della Rai, che ha interrotto anzitempo la diretta. Mentre la Leopard, il team di Weylandt, si è chiusa nel suo pullman. Al termine della tappa clima mesto ovunque e molti occhi lucidi. Non ha fatto festa nemmeno la nuova maglia rosa Millar.



La corsa era partita in modo regolare, non vi erano difficoltà tecniche particolari, ma solo due salite e poi le discese. Superato il primo Gran premio della montagna la situazione era serena con quattro uomini in fuga ed un gruppo compatto che aumentava il passo. Poi nel tratto in discesa la tragedia.



Weylandt era nato in Belgio e il prossimo settembre avrebbe compiuto 27 anni. Era diventato professionista nel 2005 dove aveva corso fino alla precedente stagione con Tom Boonen, poi quest’anno il passaggio alla lussemburghese Leopard Trek, in cui corrono anche Fabian Cancellara e i due fratelli Schleck. Il ciclista aveva pubblicato il suo ultimo messaggio sulla pagina di Twitter lo scorso 6 maggio. Affermava di essere pronto e di sentirsi sicuro alla vigilia della sua corsa di 3500 chilometri in Italia.



Non è la prima volta che al Giro avvengono queste tragedie. L'ultimo lutto sulle strade della corsa rosa è stato Emilio Ravasio nel 1986: sbattè violentemente la testa sull'asfalto e morì dopo 15 giorni. Nel '76 uno spagnolo, Juan Manuel Santisteban, cadde in discesa come Weylandt nella prima tappa siciliana, andando a urtare anche lui contro un guardrail. Sono poi ancora vive le immagini di Fabio Casartelli nel 1995 al Tour de France, dove morì battendo la testa contro un paracarro. Facendo un salto nel tempo si ricordano poi anche le immagini agonizzanti di Tony Simpson al Tour del 1967.



L’ultimo incidente che ha segnato il ciclismo risaliva allo scorso 10 settembre, quando l’under 23 Thomas Casarotto è morto dopo giorni di agonia in seguito a una caduta al Giro del Friuli: aveva urtato con la testa lo specchietto retrovisore esterno di un suv.






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