Rosellina Archinto: «Belli i tempi in cui si usava conversare»

Rosellina Archinto: «Belli i tempi in cui si usava conversare»
di Katia Ippaso
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Domenica 21 Gennaio 2018, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 22 Gennaio, 09:19
Quando è nella sua casa di Santa Margherita Ligure, Rosellina Archinto se ne sta ore e ore a guardare il mare: «È la cosa che amo di più fare. A parte leggere libri, ma quello lo sa già». Nonostante abbia recentemente subito una delicata operazione al cuore, non c’è sofferenza nelle sue parole. E i silenzi non esprimono nostalgia. Solo un senso di pudica gioia per essere arrivata a 85 anni con lo stesso spirito della ragazza intraprendente e allegra di un tempo: «Qualche cosetta l’ho fatta nella vita, sono serena».

Nata a Genova, una laurea in Economia e un master alla Columbia University, è vissuta sempre a Milano. Nel 1958 sposa il conte Alberico Archinto Rocca Saporiti. Dopo 12 anni lo lascia per Leopoldo Pirelli, sfidando il mondo intero. Intanto Rosellina aveva già fondato nel 1966 la sua casa editrice, che portava il marchio della ribellione impresso nel nome: Emme come la M di Marconi, il suo cognome da ragazza. Lancia in Italia autori come Sendak, Luzzati, Lionni: «Per vent’anni siamo stati la casa editrice più all’avanguardia nel campo della letteratura per l’infanzia».

Proprio mentre la Emme va alla grande, lei decide di venderla e nel 1985 fonda la Rosellina Archinto Editore, specializzata in epistolari, saggi, biografie. Dopo aver ceduto nel 2003 la maggioranza della nuova casa editrice, nel 2015, in vista della fusione della Rcs con la Mondadori, ricompra tutte le quote che aveva venduto: «La libertà è il valore più importante che mi hanno trasmesso i miei genitori e che io cerco di trasmettere ai miei 5 figli e ai miei 10 nipoti». Ecco alcune “cosette” che nella sua lunga vita ha fatto questa signora dagli occhi chiari che porta il nome di un fiore. 

Perché Rosellina? Da dove viene il suo nome?
«Viene da Maria Rosa, che era la mia nonna paterna. A mia madre non piaceva e siccome a Genova frequentava un’amica che si chiamava Rosellina, è venuto fuori quest’altro nome, molto più bello. Tutti mi hanno sempre chiamato Rosellina. A me piace».

Si è pentita di aver ricomprato le quote della sua casa editrice?
«Assolutamente no. Anche se l’editoria è un mestiere molto difficile. Gli italiani leggono sempre meno, e soprattutto non comprano i libri. In più, i miei sono particolarmente difficili. Però non mi lamento. Non sarebbe nel mio carattere. Io non vedo mai il bicchiere mezzo vuoto. Lo vedo sempre mezzo pieno».

Perché non ama i romanzi?
«Mi annoiano. Preferisco i saggi, gli epistolari. Pensi alle lettere di Erich Maria Remarque a Marlene Dietrich».

Che cosa rivelano?
«Per esempio che lui era impotente».

Ha pubblicato anche le lettere di Freud.
«Personaggio dal mio punto di vista assai noioso. Ma il fatto che scrivesse a tutti i sei figli tutti i giorni, me lo ha reso più simpatico. Li ha accuditi e mantenuti fino all’ultimo giorno della sua vita».

Se un giorno si dovessero pubblicare le lettere di Rosellina Archinto, che cosa verremmo a sapere?
«Che ho molto amato il mio prossimo. Però di lettere non ne scrivo più. Ormai, alla mia età, a mano si scrivono solo i biglietti di condoglianze».

Da ragazza, sposò un conte che poi però lasciò per Leopoldo Pirelli.
«Può immaginare che scandalo scoppiò: avevo cinque figli piccoli e avevo tutto il mondo contro. Ho conosciuto mio marito all’università. Eravamo due ragazzi che si divertivano a fare delle cose insieme. Con Leopoldo invece ho trovato l’amore della maturità. Lui era una persona davvero speciale. È stato terribile per me affrontare la sua morte nel 2007».

Passa molto tempo con i suoi dieci nipoti?
«Abbastanza, soprattutto durante le vacanze. Stiamo parlando di giovani donne e giovani uomini che hanno dai sedici a trent’anni, non sono più bambini».

Natalia Ginzburg, Italo Calvino, Alberto Moravia, Mario Soldati… Non c’è un letterato con cui lei non abbia lavorato o che non abbia almeno conosciuto.
«Allora la vita di tutti i giorni era fatta così: si andava a prendere il caffè con Vittorini, si incontrava Soldati per farsi raccontare le ultime sue storie. Era il mondo che era diverso. Cioè era più semplice. Anche perché poi leggevamo i libri che questi signori scrivevano. Leggevamo gli articoli dei giornali. La vita era fatta di conversazioni. Oggi invece si mandano solo sms e whatsapp».

Che qualità deve avere un buon conversatore?
«Deve sapere raccontare delle cose non banali e non noiose, e soprattutto deve essere capace di stare a sentire gli altri. Dobbiamo saper accettare che non siamo sempre i protagonisti».

Ci sarà pure uno scrittore italiano contemporaneo che le piace.
«Vuole la verità? Io faccio parte della giuria del Premio Strega e del Bagutta. Ne leggo una quantità gigantesca, ma se devo dirle che qualche libro mi abbia segnato, non posso dirlo».

Le cene che lei faceva a casa sua a Milano sono diventate storiche. Si vedeva gente come Arbasino, Pollini, Abbado. Mai che le venisse a noia tutta quella gente da intrattenere?
«No, perché mai? Le persone mi affascinano. Poi quando voglio stare sola, rimango felicemente a casa da sola, e nessuno mi sposta dalla mia poltrona».

Cucina ancora?
«Preferisco fare i dolci, perché mi piacciono di più che un piatto di pasta».

Dolce preferito?
«Tutti i dolci al cioccolato».

Cosa ha pensato quando nel 2015 è stata nominata Cavaliere della Legion d’Onore?
«Solo un Paese come la Francia mi ha dato una soddisfazione come questa. Io in Italia ho avuto pochissime soddisfazioni per il mio lavoro».

Neanche quando ha fatto la rivista “Leggere”? 
«È durata dieci anni: dal 1987 al 1997. È stata un’esperienza meravigliosa, ma poi non ce l’abbiamo fatta economicamente. E comunque oggi è inutile scrivere cose intelligenti, non le leggerebbe nessuno».

Quale è la cosa che le dà più fastidio al mondo?
«La falsità».

Invecchiare le fa paura?
«Se uno prende male il fatto di invecchiare, si spara, quindi tanto vale prenderlo bene. Io faccio mia una frase della Regina d’Inghilterra: “I’m still alive”. Il fatto di essere ancora viva mi entusiasma».

 
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