ANCONA - La scarpa marchigiana è sempre più resistente. Grazie al paracadute offerto dalle griffe. E va meglio della pelletteria, almeno nell’export. Nell’ultimo decennio si è assistito ad una graduale trasformazione del settore calzaturiero. Le Marche erano il baluardo italiano delle imprese che lavoravano col proprio marchio, grazie anche alle esportazioni verso la Russia. Nel corso degli anni, è diventato sempre più difficile per una Pmi competere sul mercato e così è salito il ricorso alle produzioni conto terzi, che oggi sono prevalenti.
Doppia velocità
Calzatura e pelletteria sono accomunate da un mercato a due velocità: da una parte le aziende con un brand di proprietà che procedono in salita e dall’altra le imprese subfornitrici delle griffe che viaggiano in discesa.
Effetto Russia
Da notare anche il +96% della Polonia. Complessivamente, le Marche coprono ben il 30% dei flussi italiani diretti verso Russia e Ucraina. Mosca oggi vale solo il 5% dell’export complessivo regionale (il minimo storico). Una percentuale destinata a scendere nella seconda metà dell’anno. Il business verso questi paesi non è fermo ma è notevolmente rallentato. Le sanzioni non impediscono alle scarpe made in Marche di volare verso la Russia ma il clima generale e le difficoltà negli incassi sono i principali ostacoli.
I mercati
Il settore della pelletteria e pelli conciate riflette l’andamento del calzaturiero. Per Assopellettieri, l’export marchigiano di 165 milioni di euro (gennaio-giugno 2022) è salito del 30% rispetto allo stesso periodo del 2021, ma siamo -10% dal 2019. Inversamente a quanto accade nella calzatura, nella pelletteria Fermo è +10% sul 2019 mentre Macerata -22%. La Cina (+155% sul 2019) è il secondo mercato di destinazione. Al primo posto (udite udite) figura l’Albania, probabilmente per il cosiddetto TPP-traffico di perfezionamento passivo. Prendono la strada di Tirana e dintorni i prodotti che devono subire delle lavorazioni e poi ritornano nelle Marche.